di Lino DE MATTEIS

Da più parti, analisti e opinionisti concordano sui rischi che il Salento imbocchi irreversibilmente la strada del degrado e dell’abbandono, invocando un sussulto d’iniziativa per sensibilizzare le Istituzioni a dare una prospettiva di crescita secondo un progetto organico. Lo hanno fatto di recente con interventi sul “Quotidiano” Adelmo Gaetani, che ha messo in guardia come il Salento stia per precipitare dalla “grande bellezza alla grande bruttezza”; Francesco Fistetti, che chiede quel “cambio di passo e di visione necessario”, sollecitando una svolta dal basso, che dovrebbe partire dai sindaci, dagli amministratori locali, dai parlamentari, dai consiglieri regionali, dai dirigenti di partiti, dalle forze economiche e sociali organizzate sul territorio; Angelo Salento e Daniele Morciano, che sollecitano “misure urgenti per rigenerare il territorio”. Per non citare l’impegno costante profuso nel tempo dall’on. Giacinto Urso, per il quale “il Salento è Grande ma non sa esserlo” per incapacità o mancanza di visione della classe dirigente. Ma è un sentire comune che circola anche sul web, sulle riviste online come questa e sui profili social di chi ha sempre avuto a cuore le sorti di questa penisola, come il notaio Enrico Astuto, l’avvocato Giorgio Aguglia, l’ammiraglio Fabio Caffio, ecc.

Tutte analisi ed opinioni pertinenti e condivisibili, ma ogni volta si ha, tuttavia, la sensazione di un anelito culturale fluttuante nel vuoto, di un dibattito staccato dal reale che, per quanto giusto e opportuno, non riesce ad incidere nelle prassi istituzionali. Quasi tutti i commentatori, però, distrattamente o perché ignari, tralasciano di ricordare e valorizzare, come invece meriterebbe, la più importante iniziativa politica presa, lo scorso anno, dalle massime Istituzioni salentine: il protocollo d’intesa “Terra d’Otranto: dalle radici il futuro”, ufficialmente approvato e controfirmato dai sindaci di Lecce, Carlo Salvemini, di Brindisi, Riccardo Rossi, e di Taranto, Rinaldo Melucci, dai rispettivi presidenti di Provincia, Stefano Minerva, lo stesso Riccardo Rossi, e Giovanni Gugliotti, oltre che dal rettore dell’Università del Salento, Fabio Pollice. Dopo vari tentativi profusi nei decenni passati, non era mai successo che la pulsione unitaria tra le tre province salentine trovasse concretezza in un protocollo d’intesa ufficiale, che non poteva meglio sintetizzare nel suo titolo l’unità storica del territorio e la voglia di guardare al futuro, di prendersi per mano e camminare insieme per affrontare le sfide della crescita e della modernità.

Quel protocollo d’intesa rappresenta, al momento, l’unico strumento istituzionale che può fungere da collettore per una cabina di regia che dia forza al territorio sui tavoli regionali e nazionali. A guardar bene, quel protocollo porta in sé lo spirito di un progetto federativo del Grande Salento, ponendone le basi programmatiche. Basterebbe leggerlo per percepirne le potenzialità federative, poiché tutti i suoi passaggi sono impregnati di questo spirito unitario, a partire dal primo capoverso: «Oggetto del presente protocollo di intesa è stabilire modalità di collaborazione coordinata e continuata fra gli Enti sottoscrittori …». E poi ancora, nel definirne finalità e obiettivi, si precisa che: «Il presente protocollo nasce al fine di rafforzare i legami tra le tre città capoluogo anche sviluppando un’appartenenza alle tradizioni identitarie dell’intero territorio; … rafforzare l’attrattività di questa grande area metropolitana al centro del Mediterraneo, …, valorizzando la comune ricchezza di beni appartenenti al patrimonio diffuso di risorse territoriali paesaggistiche, storiche e archeologiche; sviluppare una visione condivisa … della crescita che punti a definire sistemi a rete tra i tre centri e i loro territori, con itinerari turistici e culturali … che mettano insieme i tre centri storici, i paesaggi costieri e rurali, i poli museali e della ricerca universitaria e le eccellenze, le tradizioni culturali ed enogastronomiche, le produzioni agricole di pregio, ecc.; favorire la ricerca, l’innovazione, la semplificazione amministrativa anche al fine di creare economie di scala nel percorso comune e obbligatorio di transizione digitale delle Pubbliche amministrazioni…».

Gli Enti sottoscrittori, dunque, pur senza esplicitarlo, hanno delineato di fatto un progetto federalista del territorio e si auto-definiscono già una “grande area metropolitana al centro del Mediterraneo”, assecondando la moderna visione che individua nella “rete delle città intelligenti” la dimensione ottimale e necessaria per affrontare le sfide della modernità e della globalizzazione. Nel protocollo si dà veste istituzionale a quanto, nel 1983, scriveva l’urbanista di fama internazionale Giulio Radaelli, analizzando le caratteristiche di questa area: «La regione urbana jonico-salentina possiede da sempre, potenzialmente, la morfologia di una città policentrica, perfezionabile e ristrutturabile in un’unica grande Città jonico-salentina. Questa struttura policentrica è determinata dall’insieme costituito dalle maggiori città – Brindisi, Lecce, Taranto – e dagli insediamenti minori sparsi nelle pianure salentine, sulle colline (le Murge) e lungo le coste adriatiche e joniche; ed è dimostrata dalle interconnessioni da tempo antico e dalle nuove intrecciabili relazioni». Fu quello uno dei fondamenti teorici alla base dei precedenti tentativi di sottoscrivere un’intesa sul Grande Salento tra le tre Province di Lecce, Brindisi e Taranto, prima, nel 1999, con i rispettivi presidenti Lorenzo Ria, Nicola Frugis e Domenico Rana e, poi, nel 2006, con Giovanni Pellegrino, Michele Errico e Gianni Florido.

Ora, con il protocollo “Terra d’Otranto: dalle radici il futuro”, una strada programmatica concreta è stata tracciata. Una strada che ha bisogno, però, di essere riempita di contenuti attraverso l’elaborazione del masterplan affidato dallo stesso protocollo alle competenze dell’Università del Salento, dove è stato istituito e opera una “tavolo interistituzionale”, sotto la diretta supervisione del rettore Fabio Pollice. È necessario, allora, che di questo protocollo e di questo masterplan si parli più insistentemente per sensibilizzare l’opinione pubblica e per renderli prioritari nell’agenda della politica salentina e pugliese. La svolta, il momento magico da non perdere per il Salento è questo, ed è ora. Più che invocare iniziative e cambi di passo, come se nulla esistesse o fosse stato fatto, è necessario, invece, che si valorizzi di più questo protocollo, lo si faccia conoscere, si indichino contenuti e si suggeriscano priorità che dovrebbero trovare posto nel masterplan, dal dopo xylella alla rigenerazione del territorio, dalle infrastrutture a come spendere le risorse che il Pnrr destinerà alla Puglia, ecc. Per una volta non si tratta di continuare a gridare al disinteresse generale, ma di spendersi affinché non si perda altro tempo e si concretizzi presto questo percorso già avviato dalle Istituzioni per dare corpo ad un Salento più unito e forte.

(Pubblicato anche sul “Nuovo Quotidiano di Puglia” del 27 luglio 2021)

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Direttore ilGrandeSalento.it