Marcello COSTANTINI

Seguendo le orme di Jorge Luis Borges, Antonio Errico spoglia nuda la letteratura e ci offre la sua visione di essa sotto forma di racconto. Un racconto rutilante e piacevole. Esordisce con un titolo metaforico, due camere e cucina, quasi che la letteratura si muova in spazi ristretti, ma poi ci fa vedere come essa dilaghi in stanze innumerevoli manco fosse la reggia di Caserta. Se vogliamo stare al suo gioco, quello delle metafore, allora dobbiamo dire che Antonio Errico si arma di un atomo e prendendo la mira lo scaglia con forza, come fosse una infima boccia, sul biliardo della vita, colpendo un groviglio di atomi che erano lì annoiati dal tempo: dallo scontro preciso si sprigiona così una luce, un’energia nuova e assoluta, che sciama in tante direzioni. Il groviglio di atomi è la letteratura. La piccola sfera atomica nella sua mano è un occhio rivestito di bellezza, passione ed erudizione, che scompagina le cose e ce le offre sotto forma di energia a pezzettini, perché possiamo gustarle meglio (non capirle: gustarle). Quell’energia si materializza all’istante, diventa materia seguendo la legge di Einstein e ci appare sotto forma di Bibbia o di libretto di Mao o di Corano o di vattelappesca per i piccoli, sparuti, forse inesistenti, punti fermi e sotto forma di Italo Svevo, Umberto Eco, Beppe Fenoglio, Proust, Pavese, Ariosto, Omero, Ovidio, Dante , Carlo Levi, Montale, Alda Merini eccetera eccetera eccetera per l’oceano di dubbi che pone, nei quali mi sono perso, naufragando dolcemente in quel mare …
Questo naufragio, questi dubbi, sono  il vero godimento dello scritto.