di Rossella BARLETTA
Per una città come Lecce, custode di un invidiabile patrimonio storico-artistico – a volte sconosciuto a molti suoi residenti –, ogni occasione per svelare ulteriori testimonianze, diventa una sorprendente scoperta e una conferma del ruolo ricoperto in passato dalla città. Talvolta si pensa che il disvelamento di una raccolta museale, come in questo caso, esca per magia dal cilindro di un prestigiatore, mentre è il risultato di chi ha contribuito a togliere ogni opera dalla polvere del tempo, l’ha sottratta al deterioramento memoriale e l’ha resa pubblicamente fruibile, magari dopo avere superato diverse difficoltà, una non sempre facile acquisizione e raccolta di risorse economiche per il restauro eccetera eccetera. Per esprimere un atto di gratitudine verso tanta buona volontà e passione, allora si rende necessario sostenere la citata fruibilità proponendola ad altri.
Partecipo con compiacimento, insieme a numerosi leccesi, alla recentissima riapertura (20.12. u.s.) della Pinacoteca situata presso il Museo “S. Castromediano”, intitolata a Antonio Cassiano «indimenticato direttore del Museo dal 1994 al 2012 che, attraverso la ricerca e la catalogazione, ha reso questo luogo un laboratorio di studio in stretta connessione con il territorio» (citazione tratta da “Qui Salento”, 15-31 dicembre 2023).
Ho conosciuto Tonino Cassiano il quale era consapevole del ruolo pubblico che rivestiva e della sua preparazione, a volte manifestandola con un pizzico di superiorità intellettuale. Non contesto la sua predilezione verso forme artistiche (prevalentemente pittoriche) di matrice colta; osservo che, quindi, non avevano nulla a che fare con l’archeologia né con le espressioni di cultura popolare. L’apertura dell’anzidetta Pinacoteca (in cui sono esposte non soltanto opere pittoriche ma anche altri oggetti artistici) è un atto di omaggio nei confronti dell’intestatario, ed è pure un’apprezzabilissima operazione di recupero storico-artistico nonché un atto di riconoscimento professionale rivolto alle maestranze che si sono impegnate nel meticoloso e laborioso lavoro di restauro.
Dopo il meritato plauso, una accorata riflessione. La seguente: la capacità di rendere il Museo in stretta connessione col territorio, in virtù dell’esposizione dei reperti antichi, forse bisogna attribuirla a una “guida” che con altrettanta passione, competenza e tenacia ha condotto la struttura museale alla notorietà di cui ha goduto, ossia alla sua storica direttrice, l’indimenticata dr.ssa Giovanna Delli Ponti, riconosciuta e stimata archeologa, alla quale si deve riconoscere la capacità di avere eseguito ricerche attinenti al settore di sua competenza, di estrema importanza per l’attuale Salento. Del resto le sue competenze professionali sono rintracciabili e condensate nelle pubblicazioni da lei curate; le hanno consentito di diventare un punto di riferimento imprescindibile per gli studiosi locali della materia, che le riconoscevano l’indiscussa preparazione.
Cito soltanto un luogo che rimanda a lei: gli scavi di Rudiae. Diverso discorso riguarda l’abbazia di Cerrate acquistata dall’Amministrazione Provinciale nel lontano 1965. Dobbiamo alla sua caparbietà e lungimiranza il suggerimento di restaurare il rudere di Cerrate e istituirvi un Centro di Ricerche e Studi di Folklore e Tradizioni Popolari Salentini (sparito) con annesso un piccolo museo (nell’ex frantoio) dove trasferì i manufatti dell’artigianato tipico salentino, da lei stessa acquistati o che le furono donati dagli appassionati antropologi locali. Dove siano andati a finire nessuno sa dirlo. Né il FAI, subentrato nella gestione dell’intero complesso abbaziale dà una risposta esaustiva in merito.
Mi pare che sia giunto il momento di intestare a Giovanna Delli Ponti un luogo all’interno del Castromediano e anche di Cerrate ripristinando qui gli oggetti esposti nelle bacheche del citato Museo. O bisogna ricorrere a un comitato d’opinione per suffragare queste legittime richieste?
Mi aspetto una risposta, possibilmente convincente in proposito. Del silenzio non so che farmene.


















