Esposito, Paesaggio Italiano 1967-1968

Stefania CAROFALO

La sesta esposizione temporanea inaugurata il 23 marzo alla Fondazione Biscozzi|Rimbaud è la collettiva curata da Roberto Lacarbonara titolata “I tesori svelati” aperta al pubblico sino al 2 giugno 2024. Trattasi di 23 opere, mai esposte, che vanno a completare la collezione della mostra permanente posta al piano superiore del Museo d’Arte Contemporanea in piazzetta Giorgio Baglivi, 4 a Lecce.

Dominique Rimbaud, co-fondatrice col marito Luigi Biscozzi, (1934-2018) della Fondazione che porta i loro cognomi, in occasione dell’apertura della mostra temporanea ha letto, dal catalogo della Fondazione, la testimonianza del marito in merito ai primi acquisti di opere d’arte: «Questa raccolta di opere è nata, come spesso nella nostra vita, da un’intrusione del caso. Tutto è cominciato con una litografia di Renzo Vespignani e una di Ugo Attardi, acquistate nel 1969 da un venditore di libri porta a porta, un po’ balbuziente. Non sapevo chi fossero quegli artisti, mi piacevano ed istintivamente le comprai. Ma credo che la mia curiosità – è sempre il caso? – vada retrodatata nell’infanzia. È lì che ci troviamo soli a stupirci di tutto quello che la natura, le cose, le persone grandi e piccole come noi, l’ambiente in cui cresciamo, ci pone davanti e ci dà il bagaglio che nel seguito non ci lascerà più».

Il patrimonio artistico della Fondazione dell’allora giovane coppia è cresciuto e annovera opere di grandi artisti italiani e internazionali del Novecento, sono opere realizzate prevalentemente tra il 1950 e il 1980, ma sono presenti anche quelle del XXI secolo, ora tutte visibili grazie all’esposizione temporanea ubicata negli spazi al pian terreno. Le prime due sale sono dedicate alla Figura, al Soggetto e al Paesaggio mentre la terza è dedicata allo Spazio e alla Ricerca formale e informale.

La prima opera ad affacciarsi al visitatore è proprio la litografia di Ugo Attardi (1923-2006) Figura di donna con paesaggio del 1968, seguono i disegni Figura seduta e Pensieri datati 1937 del salentino  Carlo Barbieri (1910-1938), a questi si affianca un’acquaforte – acquerello   Composizione del 1971 di Sebastian Matta (1911-2002), poi l’opera ad olio su tela Voci diverse realizzata tra il 1960-61 di Bepi Romagnoni (1930-1964) ed infine tre opere di Tino Vaglieri (1929-2000), la prima Senza titolo del 1959, realizzata con tecnica mista su carta, Interno-Esterno del 1960 e Personaggio del 1960-61 entrambi realizzate ad olio su tela.

Nella seconda sala, quella dedicata al Soggetto e al Paesaggio, sono esposte 8 opere realizzate tra il 1950 e il 2000: Fra cielo e acqua del 1979, è l’opera ad olio su tela  di Mauro Chessa (1933-2022); Segni minimi del 2000, sempre olio su tela, di Enrico Della Torre (1931-2022); Paesaggio Italiano, realizzato con tecnica mista tra il 1967 e 1968 del gallipolino Salvatore Esposito (1937); si giunge ad osservare l’opera degli anni Cinquanta Senza titolo realizzata da Mario Nigro(1917-1992)  con la tecnica dei pastelli su carta; Senza Titolo (Isola) è anche l’opera di Ettore Sordini (1934-2012) del 1964; L’acropoli del 1970 di Giulio Turcato( 1912-1995)è una composizione ad olio e collage su tela; l’unica opera di una donna presente in sala è Scudo del 1990 di Armanda Verdirame (1944) realizzata in terracotta su legno ed infine Senza titolo, del 1968, è la litografia esposta di Renzo Vespignani.

La sala dedicata allo Spazio e alla Ricerca formale e informale accoglie 7 opere realizzate con tecniche diverse tra il 1957 e il 2013. Da inizio al percorso espositivo: la Superficie rossa del 1993 di Enrico Castellani (1930-2017), acrilico su tela; Dadamaino (1930-2004), con Il movimento delle cose del 1992; Piero Dorazio (1927-2005), col dipinto del 1957 Composizione a tempera su carta; Due trame di griglia -1°+1°(#10mm) del 1975 è l’opera del francese François Morellet (1926-2016), composta da una griglia su legno; Mario Nigro (1917-2022) con Analisi della linea: progetto per liberazione (rivoluzione) del 1980 in carboncino su carta; Rob Sherwood (1984) usa i materiale più prezioso: olio e foglia d’oro su tavola per realizzare la sua opera in tre elementi  datata 2012-2013 Her eyes on #1/#2/#3,  infine Arturo Vermi chiude il percorso espositivo con la sua opera del 1961 Diario, realizzata a tempera acquarellata, matita e inchiostro su carta riportata su tela.

Nelle opere esposte possiamo riscontrare una grande varietà di mezzi espressivi che variano in funzione dell’impatto visivo desiderato dall’artista. Lungo il percorso espositivo osserviamo il semplice, ma abile e immediato, tratto in matita, l’uso dei pastelli, di tempere, acquerelli e olio, a loro volta trattati con diverse tecniche ma, oltre a questi materiali più conosciuti, se ne aggiungono altri perché il Novecento è stato un secolo di grandi sperimentazioni in campo artistico.

La Fondazione ha organizzato una seguitissima serie d’incontri culturali aperti al pubblico, a cadenza bisettimanale, Le storie dell’Arte. Il Novecento, tenuti da docenti, storici e curatori d’arte, con l’obiettivo di divulgare e far comprendere i meccanismi che hanno generato la formazione di gruppi di artisti italiani, accomunati da una linea di pensiero, e che aiutano a comprendere l’arte definita “Moderna”.

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Architetto che ama l'Arte e le parole